una settimana in un paradiso della vela
"Ma questo è un campo minato!" Questa è stata la reazione quando abbiamo per la prima volta guardato la mappa dell'arcipelago di Stoccolma. Forse - presi dall'entusiasmo - ci eravamo ficcati in un ginepraio, metaforico e geografico...
Ma la voglia di esplorare quello che veniva decantato a più voci come il paradiso dei velisti è stata più forte e siamo andati avanti. Abbiamo inondato il charter svedese di domande, richieste di spiegazioni e altro e siamo partiti per il nostro destino.
Fortunatamente nelle settimane precedenti un amico svedese ci ha aiutato a elaborare l'itinerario, rassicurandoci sulla accuratezza delle segnalazioni, quindi siamo abbastanza fiduciosi... sino a che il gioviale benvenuto di Mr. Pier, il nostro referente presso il charter ("Ah, ecco lo skipper italiano che NON si schianterà contro le rocce!") non fa riemergere il nostro incubo ricorrente. Sì, perché l'arcipelago è fatto di 24mila isole e isolette, nonché di un numero impressionante di rocce e scogli disseminati ovunque e spesso invisibili a occhio nudo.
Comunque, oramai ci siamo e tanto vale affrontare le difficoltà con piglio deciso. Il meteo si preannuncia favorevole, fin troppo: apprenderemo alla fine della navigazione che è stata la settimana estiva più calda che la Svezia ricordi (e noi che temevamo un clima artico... la ceratona e gli stivali di gomma resteranno confinati nella sacca fino all'ultimo giorno). Ci sistemiamo a bordo della White Lady, il nostro Bavaria 38, pronti per la nostra avventura nordica. Prua a sud per il nostro itinerario in senso antiorario.
Subito ci facciamo catturare dal paesaggio: l'occhio spazia su un orizzonte aperto fatto di centinaia di isole grandi e piccole, la maggior parte boscose, alcune quasi completamente rocciose. Le case di legno occhieggiano fra il verde. Quasi tutte hanno il loro pontile con una o più imbarcazioni ormeggiate, nessuna sorpresa che gli svedesi abbiano familiarità col mare fin da bambini. Ma la maggior parte delle barche, moltissime a vela, è fuori a godersi questo fantastico arcipelago. Nessuna foto, per quanto ben riuscita, riesce a rendere davvero l'incredibile vastità e bellezza del panorama che ci si stende davanti.
Man mano che ci addentriamo le case si diradano sempre di più e la vista si riposa su un panorama naturale intatto. Intatto, sì, ma di certo non abbandonato a se stesso: con nostro grande sollievo constatiamo che le fairway sono segnalate in modo chiarissimo: ci vogliono poche ore perché l'equipaggio si abitui ad avvistare i pin rossi e verdi che indicano il percorso sicuro da seguire.
Ciò che si vede a occhio nudo, e soprattutto quello che non si vede, è segnalato in acqua e puntualmente riportato nelle carte nautiche, dettagliate in modo impeccabile. Piano piano il nervosismo iniziale ci abbandona e ci permette di goderci al massimo l'esperienza, fatta di cieli immensi, boschi foltissimi e salti di vento - dovuti alle tantissime isole - che richiedono una continua e costante regolazione delle vele. Ci stiamo veramente divertendo!
Superato il canale di Saltsjöbaden ci dirigiamo a sud. Il vento spira da sud-ovest fino a 20 nodi, portandoci agevolmente alla nostra prima tappa, Dalarö.
A circa due miglia dall'arrivo chiamiamo lo Hamnkapten, il responsabile del porto, che ci assicura che sarà ad attenderci in banchina. Lo troviamo lì infatti, e ci dice che siamo i primi italiani della stagione. Mentre ci aiuta a ormeggiare ci fa un po' di storia del posto: Dalarö è stato un importante snodo d'acqua dal 1600, poi con l'avvento della navigazione a motore ha gradualmente perso di importanza commerciale per divenire un approdo turistico.
Tuttavia, così come sperimenteremo in tutte le tappe successive, il turismo qui è completamente diverso dal nostro: è integrato nel paesaggio e nella natura, poco invasivo e pacifico, per nulla "festaiolo" o alla moda. Ci sono i servizi essenziali (docce e toilette pulitissimi e attrezzatissimi, con tanto di sauna), qualche negozietto, un paio di bar e ristorantini e basta. Il resto è tanta tanta natura e una tranquillità assoluta: gli unici rumori sono quelli dell'acqua e del vento fra le sartie e tra i rami degli alberi (hai detto niente...).
È qui a Dalarö che notiamo di essere gli unici a ormeggiare di poppa... questo leit motiv ci accompagnerà per tutto il viaggio, dando anche adito a qualche episodio divertente.
La sera tifiamo per gli azzurri in finale di Coppa europea (con commento in svedese...) e restiamo in dubbio se festeggiare la vittoria usando il corno da nebbia. Decidiamo per il no, un po' perché saremmo proprio gli unici ("e non facciamoci riconoscere dallo straniero!" direbbe Alberto Sordi) e poi perché non ce la sentiamo di frantumare la idilliaca pace del luogo.
La mattina successiva andiamo a visitare la fortezza di Dalarö Skans, veramente suggestiva.
Circumnavighiamo l'isola con la fortezza per poi dirigerci a nord verso Malma Kvarn, un delizioso porticciolo più piccolo e intimo di Dalarö, che ci incanta letteralmente.
Ormeggiamo, stavolta di prua, per sperimentare lo stile locale: consiste nell'agganciare un gavitello in poppa con un apposito uncino in dotazione sulla barca e procedere lentamente verso la banchina con un membro dell'equipaggio a prua, pronto a saltare giù con la cima d'ormeggio per dare volta. Lo vediamo fare anche da persone sole in barca, che dopo essersi assicurati a poppa vanno in tutta tranquillità a prua per terminare la manovra, quindi che ci vorrà mai...
Dopo un paio di tentativi riusciamo a catturare il gavitello, ormeggiamo con precisione, e siamo ancora lì a congratularci a vicenda quando ci accorgiamo di esserci assicurati al gavitello numero 10 ma di avere la prua al posto 9. Beh, in fondo nessuno è perfetto. (in alto a destra la White Lady ormeggiata di prua al pontile di Malma Kvarn)
(nella foto: anche la pur prosaica toilette sembra un piccolo bungalow...)
Visitiamo l'isola e il vicino centro abitato, che si raggiunge dal porticciolo con una piacevole camminata in mezzo al verde. Gli svedesi si godono l'estate all'aperto, nei giardini, nei boschi, in acqua, dove grandi e piccoli si tuffano e nuotano fino a tardissimo. C'è infatti luce fino a sera avanzata, ed è alle 22:30 che vediamo rientrare i bambini di un campo nautico estivo: disciplinati e allegri, portano a terra le loro derive aiutandosi l'uno con l'altro, per poi allontanarsi con i loro istruttori.
Ceniamo nell'unico locale del posto, gestito da un parigino (!).
(la luce alle 22:30. L'oggetto galleggiante sulla destra è uno sversatore per le acque nere delle barche, che disciplinatamente vi fanno sosta; è collegato col sistema fognario dell'isola)
(le saune sono onnipresenti: o supertecnologiche, integrate nei servizi, piastrellate e con controllo elettronico della temperatura; oppure, come in questo caso, installate in un giardino in forma di grossa botte)
Il mattino dopo partiamo di buon'ora per raggiungere Sandhamn, una delle mete più note e frequentate dell'arcipelago. Il vento da nordest ci fa bolinare a 7+ nodi e alla fine contiamo 22 virate.
Contattiamo il porto, che ci indirizza al pontile numero uno. Siamo pronti a tutto: a ormeggiare di poppa (due cime pronte sulle gallocce) e di prua (due cime sono pronte sulle gallocce, l'uncino per agganciare il gavitello è già fuori dal gavone e assicurato alla sua cima, un membro dell'equipaggio è a prua pronto a saltare a terra con un balzo felino). Ci sentiamo molto "local", quasi svedesi. Peccato che all'arrivo l'addetta ci fa segno di ormeggiare all'inglese, l'unica alternativa alla quale non siamo preparati.
All'arrivo il clima sembra essere cambiato, è nuvoloso e un po' fresco, ma dura ben poco: subito rifanno capolino il sole ed un caldo da mar Mediterraneo più che mar Baltico. Sandhamn è incantevole, con le sue passerelle in legno, l’alternarsi di case rosse, gialle e bianche. Non ci sono auto, si cammina a piedi per stradine in pietrisco che si snodano tra case in legno e pietra. Un tempo venivano costruite una a ridosso dell’altra per conservare il calore e tagliare il vento. Ringhiere rosse di legno, sdraio, prati verdi ed in fondo sempre uno spicchio di mare.
Arriva la sera, almeno secondo l'orologio, dato che il sole sembra non voler tramontare mai.
Dopo una notte tranquilla prua verso nord, si va a Paradiset, una baia di Finnhamn che - dicono - fa onore al suo nome. Dopo una navigazione tra paesaggi da fiaba giungiamo a destinazione e dobbiamo convenire: alla fine di uno stretto passaggio si apre davanti a noi una baia incantevole, talmente perfetta che non sembra nemmeno vera. Prevedibilmente non siamo soli, ma tutti si godono il luogo in assoluta civiltà, niente rumori molesti, niente musica ad alto volume, solo gente che vuole stare in mezzo ad una natura magnifica e divertirsi in pace.
A quel punto si apre una discussione: ancorare in rada o ormeggiare "alla svedese"? I locali ormeggiano (rigorosamente di prua) assicurando le cime agli alberi a riva, oppure a chiodi da alpinismo da piantare sulle rocce, di cui ogni barca è dotata col suo bravo martello.
Per sicurezza, dato che non abbiamo familiarità con quel tipo di ormeggio, optiamo per l'ancoraggio in rada, ma non abbiamo a che pentircene: ci godiamo questa oasi in tranquillità, facendo bagni e cenando. Il tramonto, poco prima della mezzanotte, è il degno coronamento di una giornata fantastica.
Arriva la mattina, insieme ad una fitta foschia che presto si dirada per lasciare spazio ad un sole cocente: sarà la giornata più calda della nostra settimana.
Mettiamo la prua a sud verso Grinda, un'altra delle magnifiche isole di questo sorprendente arcipelago. Ci rinfreschiamo con un bagno (il caldo è veramente mediterraneo), pranziamo tranquillamente e ci dirigiamo poi a Vaxholm, che con il suo castello è un po' il cuore dell'area.
Stavolta ormeggiamo di poppa con la trappa. La manovra, insolita per i locali, richiama l'attenzione dei nostri vicini: alla fine si congratulano col nostro Gianluca e lo definiscono "experienced sailor", al che lui modesto si schermisce (ma neanche poi tanto... vedi il video che segue).
Il giorno successivo dobbiamo, ahimè, tornare a destinazione... proprio ora che abbiamo ingranato e ci muoviamo con disinvoltura tra fari, segnalazioni, pin rossi e verdi e Hamnkapten... Ma abbiamo ancora un asso nella manica: l'amico David ci ha segnalato una tappa intermedia, frequentata dagli svedesi ma poco conosciuta dagli stranieri. È Fjäderholmarna, un'isoletta che ci è di strada e dove trovano spazio un villaggio di artisti e artigiani e un interessante museo di antiche imbarcazioni scandinave.
(nella foto, un veliero che abbiamo incrociato sulla via del ritorno)
(nel video: l'ultimo ponte prima di giungere a destinazione... sembra sempre che non ci si passi...)
Ne approfittiamo per concederci il pranzo di commiato e, accidenti, siamo quasi arrivati alla fine! Torniamo al porto di partenza, ma siamo talmente entusiasti che già pianifichiamo un'altra navigazione in una diversa parte di questo ampio e spettacolare arcipelago... magari più a nord, perché no? e stavolta con l'amico Renato, che per contrattempi dell'ultimo minuto non ha potuto essere con noi.
Per visionare tutte le immagini vai alla Galleria AIVA CVC.
da sinistra: Vittorio, Claudio, Gianluca, Luisa
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