resoconto della prima settimana di navigazione didattica in Bretagna
La navigazione didattica in Bretagna dello scorso luglio è stata un vero successo. Due dei capibarca, Alex Mazzetti e Enzo De Pasquale, hanno messo su carta il loro resoconto, un prezioso misto di notazioni marinaresche, didattica sugli effetti delle maree, divertenti spaccati di vita di bordo e pennellate di folklore locale. Questo articolo di Alex Mazzetti è incentrato sulla prima delle due settimane di navigazione, dove è stato capobarca insieme a Giancarlo Tunesi. Trovate nel Notiziario anche l'articolo di Enzo De Pasquale sulla seconda settimana, non perdetevelo! Ecco il link: https://www.porto-palma.com/post/bretagna-una-marea-di-emozioni-1
“Domani abbiamo poche miglia da fare, partiamo alle 11:00?”
“No, partiamo alle 6:00.”
“Perché?”
“Perché per uscire da qui abbiamo bisogno dell'alta marea, altrimenti andiamo a scogli.”
“Ah OK, vabbè allora arriveremo presto a destinazione...”
“No, arriveremo dopo le 19:30.”
“Perché?”
“Perché dobbiamo passare lo stretto con la corrente a favore. Ci fermeremo da qualche parte quattro ore in attesa che si inverta la corrente di marea.”
Il ritmo delle nostre giornate di navigazione in Bretagna non era scandito dagli orari dei pasti, ma dagli orari della marea. Anziché chiederci a che ora fermarci per pranzo, ci chiedevamo a che ora si inverte la corrente.
(nelle foto: gli effetti, talvolta spettacolari, della marea sugli ormeggi)
Nella zona fra Glénans e Belle-Île l'escursione di marea arriva fino a 5 metri, quindi uno scoglio a 4 metri sotto la tua chiglia dopo sei ore emerge di un metro. Nel Golfo di Morbihan vi sono alcuni punti in cui la corrente di marea può raggiungere 8 nodi, quindi se la tua barca fila sotto gennaker a 7 nodi, con corrente contraria vai in retromarcia.
Quando si è trattato di scegliere che imbarcazioni noleggiare per questa avventura è stata privilegiata la velocità abbinata alla deriva retrattile, per poter affrontare al meglio ogni condizione di marea.
Abbiamo quindi optato per due POGO 36 QR, con deriva basculante, gennaker su bompresso in carbonio e trinchetta su stralletto volante, che durante la seconda settimana sono stati raggiunti da un OVNI 395 e un RM 11.80: tutte e quattro barche performanti e adatte al mare bretone.
(nelle foto: i Pogo 36 utilizzati durante la navigazione)
Unica pecca: pessima cartografia sia cartacea che GPS, ma abbiamo felicemente superato la cosa grazie alle mappe che Cristina [ndr: Cristina Lombardi, una dei capibarca nella seconda settimana di navigazione] ci aveva mandato prima di partire (grazie Cristina!)
Non è stata solo una navigazione, è stato un corso di marea. Qualche settimana prima di partire, la nostra istruttrice Cristina ha impartito una lezione magistrale ai partecipanti via Zoom, in cui ha spiegato la teoria della marea. Durante la nostra settimana abbiamo fatto fare ai partecipanti le esercitazioni pratiche, che consistevano nel programmare giorno per giorno gli orari e la rotta per non andare a scogli.
Il tutto condito da qualche lezione qua a là su alcuni aspetti più curiosi e misteriosi delle maree, come ad esempio il singolare fenomeno per cui la luna passa sopra l'oceano una volta al giorno, ma la marea si alza due volte al giorno.
Partenza da La Trinitè sur Mer. Il clima è tipico della zona, pioggerellina che ogni mezz'ora si trasforma in sole splendente e viceversa. Non fai in tempo a tirar fuori la fotocamera che la luce cambia.
Avevamo programmato di arrivare fino all'arcipelago di Glénans, ma purtroppo il secondo giorno una forte depressione formatasi nel Golfo di Biscaglia ci ha spettinati con 40 nodi di vento. Ci fermiamo quindi nel ridosso dell'Isola di Groix e ci immergiamo nei profumi della vegetazione facendo un giretto in bicicletta.
La perturbazione è breve ma intensa ed il mattino dopo ci avventuriamo in mare aperto con onde oceaniche di sei metri. Temevamo che la barca si trasformasse in una lavatrice in centrifuga, invece le onde oceaniche sono talmente lunghe che l'altezza di sei metri si traduce in una gentile salita e discesa. Spettacolare vedere l'altra barca della nostra flottiglia scomparire del tutto nel cavo dell'onda per poi riemergere più alta di prima.
La prima sera, davanti all'ingresso del porto di Le Palais a Belle-Île, chiedo all'equipaggio di preparare i parabordi e le cime d'ormeggio.
Gli ormeggi sono particolari e divertenti, niente a che fare con quelli mediterranei. La trappa non esiste! perché con un'escursione di marea di 5 metri ti troveresti con la prua affondata.
Quindi solo “finger”, piccoli pontili galleggianti perpendicolari al pontile principale, che servono per tener dritta la barca e hanno la stessa funzione della trappa, ma senza corpi morti.
L'ormeggio si fa di prua, infatti non serve dare la poppa al pontile perché non si scende a terra sul pontile ma sul finger, che si trova a mezza barca, all'altezza delle sartie. Il costo dell'ormeggio in Bretagna va dai 20 ai 30 euro a notte, con elettricità, acqua, docce, boulangerie e baguette.
Nei paesini più sperduti delle isolette più impensate il pontile galleggiante è comunque un'utopia. Ancoraggio in rada? Impossibile con una marea di 5 metri ed una corrente a 5 nodi! Ma non c'è problema, tutti i paesini hanno decine di gavitelli, per poter passare la notte in tranquillità e scendere a terra col tender.
Però anche la presa di gavitello è diversa da quella nostrana: non basta la prua al vento, ci vuole anche la prua alla corrente, altrimenti il gavitello ti scappa via e non riesci a prenderlo. Nei porticcioli più piccoli, generalmente ridossati in insenature strette e lunghe, i gavitelli sono tutti posizionati in fila ordinata, per assecondare il flusso della marea. L'ormeggio va quindi fatto a due gavitelli: uno a prua e l'altro a poppa, in modo che la barca rimanga allineata alla corrente, indipendentemente da come tira il vento.
La cosa divertente è la manovra di uscita dal gavitello: l'intuito direbbe di mollare prima a poppa e poi a prua, ma se in quel momento hai corrente contraria, mollando a poppa la barca si traversa. Devi prima guardare da che parte tira la corrente e mollare per primo il gavitello sottocorrente (si può dire “sottocorrente”?...).
Sul portolano c'è scritto che il porto è riservato a barche di meno di 12 metri. Io non capivo perché, poi ho realizzato: dato che le barche devono stare ormeggiate a due gavitelli, non possono essere più lunghe della distanza fra i gavitelli stessi...
La nostra navigazione prosegue fra onde oceaniche, scrosci di pioggia, bagliori di sole e misteri della marea. Arriviamo nel porticciolo di Sauzon e ricomincia a piovere: peccato! sarebbe stato bello fare un giretto fra le casette colorate del paese.
Il mattino dopo ci svegliamo con un sole splendente ed un arcobaleno spettacolare.
Gonfiamo il tender, montiamo il fuoribordo elettrico e scendiamo a terra per comprare la baguette fresca fra le casette colorate.
Durante l'attesa per entrare nella boulangerie, guardiamo le barchette in secca nella bassa marea e assistiamo ad una curiosa scena: da un First 305, tenuto in piedi con dei pali, scende a terra una persona con un'àncora in mano, si allontana una trentina di metri verso poppa trascinandosi la catena e "dà fondo" conficcando l'àncora nella sabbia con dei calci. Poi risale a bordo, prende un'altra àncora e la porta trenta metri a prua per dar fondo a mano. Infine risale a bordo ed aspetta l'alta marea per tornare a galleggiare. Fantastico!
Arriviamo a Port Tudy e scopriamo che il porto è praticamente una piscina: all'ingresso c'è uno sbarramento per far sì che con la bassa marea il livello dell'acqua non possa scendere. In questo modo le barche all'interno del porto continuano a galleggiare anche se al di fuori il mare è più basso di alcuni metri. Ovviamente l'entrata e l'uscita dal porto è possibile solo con alta marea; invece, quando la marea è bassa, le barche sono intrappolate nel porto. Sulle carte nautiche questo tipo di porti è indicato con “bassin a flot”, letteralmente “bacino a galla”.
La terminologia francese è bizzarra. La profondità dei porti si chiama "tirant d'eau" ed il margine di sicurezza si chiama "pied de pilote". Il "tirant d'eau" è riferito alla marea più bassa della storia, ma fortunatamente nella nostra settimana c'era marea di quadratura oops... volevo dire di "mortes eau", quindi in bassa marea avevamo un metro e mezzo in più rispetto alla carta. In parole povere, potevamo tranquillamente navigare su fondali che sulla carta risultavano di mezzo metro, perché in realtà c'erano minimo due metri. Magia della marea!
Ad un certo punto arriviamo al porticciolo di Le Bono, ma per entrarci bisogna passare sotto al ponte della strada provinciale. Sarà abbastanza alto? Il nostro albero è 17 metri, mica poco!
Guardo sulla carta nautica e noto la scritta "tirant d'air 20 metres". Di primo acchito direi che ci passiamo alla grande, ma poi mi assale un dubbio: 20 metri con marea alta o bassa? Decidiamo di non passare. Ci fermiamo ad un gavitello antistante e, dopo aver fatto la manovra di presa di due gavitelli, spegniamo il motore e cominciamo a pensare al condimento della pasta.
È allora che si avvicina un gommone arancione con un ormeggiatore tipico bretone, maglietta a righe, spettinato, portamento deciso e un bel sorriso con denti staccati fra di loro. Ci dice: "andate al gavitello oltre il ponte, che è più bello!"
Ci guardiamo fra di noi e chiediamo timidamente: ma ci passiamo? Siamo alti 17 metri... Il bretone solleva le spalle e sbuffa "puff", poi ingrana la marcia del motore e ci fa cenno di seguirlo. Effettivamente ci passiamo, e pure con un bel margine (memorabile lo scherzo di Silvana che, al momento del passaggio sotto il ponte, batte il moschettone sul boma e ci fa prendere un colpo apoplettico...). L'ormeggiatore bretone non si limita ad assisterci nella manovra, ma ci ripara una cima d'ormeggio facendo un'impiombatura al volo dal suo gommone (!!!).
Passiamo la notte col dubbio del "tirant d'air": come abbiamo fatto a passare sotto al ponte nonostante l'alta marea? Lo scopriremo solo l'ultimo giorno, trovando una pagina del portolano che si era staccata ed era finita in fondo al tavolo da carteggio: l'altezza dei ponti, il famoso "tirant d'air", non è riferita alla marea più bassa della storia, ma alla media delle alte maree! (seguono: varie foto dalla navigazione)
Un giorno decidiamo di andare all'isoletta di Houat. Per arrivarci bisogna passare lo stretto di Beniguet dove la corrente si amplifica. Facciamo i nostri calcoli e decidiamo di passarci alle 12:10, perché è il momento in cui la corrente è a favore con circa 4 nodi. Zoommando bene la mappa di Navionics, vedo un pallino blu adiacente allo stretto. Cosa sarà? Zoommo ancora fino a vedere i numeri del fondale e scopro che nello stretto ci sono 20,5 metri di profondità, ma sul pallino il fondale è 1,5 metri. Quindi quel pallino è un pinnacolo sottomarino che si erge per 19 metri in un punto dove la corrente tira 4 nodi.
Conoscevo il fenomeno, l'avevo già vissuto in un navigazione in Scozia: quando la corrente di marea incontra un pinnacolo forma un vortice. Rimaniamo allertati durante il passaggio ed infatti appare il vortice alla nostra dritta. Fortunatamente non è violento e la nostra barca riesce a passare lo stretto senza che il vortice le faccia deviare la rotta.
Il penultimo giorno entriamo nel Golfo di Morbihan: è grande tanto quanto la nostra Laguna Veneta, ma è un labirinto di isolette, canali ed insenature profonde fino a 10 miglia. È qui che la marea sfodera i suoi effetti più feroci.
Dopo aver fatto tutti i nostri calcoli, abbiamo deciso di svegliarci presto per passarci alle 8:40 ed ecco il risultato: SOG a 9 nodi, di cui 5 dati dalle vele e 4 regalati dalla corrente. Magico!
Il nostro obiettivo era di raggiungere due località spettacolari: Auray e Vannes, che si
trovano in fondo a due fiordi lunghi 8 miglia. La parola "fiordo", che fa pensare alla Norvegia, è del tutto impropria: in Bretagna si chiama "aber" (da cui prende il nome anche la città scozzese di Aberdeen). Per raggiungere Auray abbiamo navigato in un aber per un paio d'orette con solo fiocco e deriva sollevata, uno spasso!
La città di Vannes ha un porto stretto e lungo che arriva fino alla piazza del duomo. Ovviamente ci devi arrivare con l'alta marea, ma la fatica è compensata dal fatto che puoi ormeggiare in un porto dove ci sono migliaia di barche, quasi tutte a vela, e puoi visitare il centro storico in tempo utile per poter scappare prima che la marea si abbassi.
(nella foto: il duomo di Vannes visto dal nostro ormeggio)
Per consentire la sanificazione abbiamo dovuto terminare la nostra navigazione al venerdì pomeriggio anziché al sabato mattina, ma noi ne abbiamo approfittato per andare a Lorient a visitare la "Cité de la Voile", il famoso museo dove ci sono le barche di Eric Tabarly, i vari "Pen Duik", e dove sono ormeggiate le barche del Vendée Globe. È stato per noi emozionante rendere omaggio a "Prysmian Group", la barca del nostro Giancarlo Pedote, e a "Pen Duick", la barca del mitico Éric Tabarly. (nelle foto: immagini dalla Cité de la Voile, della "Pen Duick" e i due capibarca Alex e Giancarlo di fianco alla Prysmian Group).
Per visionare tutte le immagini vai alla Galleria AIVA CVC.
Si ringraziano per gli scatti (in nessun ordine): Alessandra Ischia, Ambra Vandone, Alex Mazzetti, Nicola Magaldi, Giancarlo Tunesi. Se abbiamo scordato qualcuno ce ne scusiamo!
Trovi la galleria completa della navigazione in questa pagina.
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