Avventura nel Grande Nord
A luglio un manipolo di pionieri un po’ pazzi è andato in Islanda per una navigazione decisamente fuori dalle righe, basti dire che su una remota isoletta l'equipaggio ha incontrato nientemeno che l'attore Ben Stiller! che in Islanda ha girato un suo film. Ecco il resoconto dalla penna del capobarca Gianluca, che non rifiuta mai le sfide avventurose. Per vedere la Galleria completa della navigazione vai al sito della Delegazione Ligure:
ISLANDA IN BARCA A VELA (??!!??)
Sono sul volo Roma-Reykjavik e guardo la cartina dell’Islanda, pensando: ”Ma dove diavolo andiamo in barca quassù, in mezzo all’Atlantico??”
Sì, perché stavolta AIVA CVC, anzi la Delegazione Ligure, anzi Luisa Fezzardini (ndr: Ammetto le mie colpe... Luisa) ha messo in piedi una navigazione bella tosta, con qualche insidia da non sottovalutare, visto che la zona occidentale dell’Islanda è esposta alle perturbazioni atlantiche e la costa per ampi tratti non presenta alcun ridosso.
IL PIU’ BEL TREKKING DEL MONDO
Ormai però sono atterrato ed è mercoledì, quindi fino a sabato ho di che meditare sui massimi sistemi della vela boreale e, per ingannare il tempo, mi cimento col “trekking più bello del mondo” secondo il National Geographic: 55 chilometri nel cuore dell'Islanda da Landamannalaugar a Thorsmork.
Il trekking è effettivamente spettacolare, tra fumarole, geyser, ghiacciai, torrenti e all'inizio tutto va alla grande fino alla penultima tappa, quando l'Islanda mi presenta il conto, lanciandomi addosso una tempesta di vento, pioggia e sabbia nera che mi impedisce quasi di camminare.
IPOTERMIA
Purtroppo il mio poncho non riesce a ripararmi dalla pioggia e mi ritrovo completamente bagnato. Ripasso il triangolo dell’ipotermia: freddo, vento, umidità. Perfetto! Ci sono tutti e sto dunque rischiando l’assideramento. Fortunatamente non sono l’unico sventurato in questa desolazione e allora mi infilo in un branco di escursionisti tedeschi, aggrappandomi al ventre del maschio dominante.
Scherzi a parte, qui si rischia grosso e in fila indiana arranchiamo contro quaranta nodi di vento che spazzano un deserto di sabbia nera e rocce privo di qualsiasi riparo. La pioggia mista a sabbia arriva addosso con violenza e ad un certo punto la mia vista è offuscata e immagino un cumulo di pietre con scritto “qui giace un pirla venuto in Islanda con il bagaglio a mano”.
Privo della vista non posso continuare, così la mia nuova tribù fa quadrato intorno a me e chiama i soccorsi. Nell’attesa, Helga, Jutta e Frida si stringono intorno a me per scaldarmi. “Luca, stay with us!” mi ripetono e la loro gentilezza mi riscalda il cuore (ndr: per la serie "anche la quasi ipotermia ha i suoi bravi vantaggi").
Finalmente arriva la squadra SAR che mi carica sulla jeep e mi restituisce alla civiltà.
La mia prima avventura islandese finisce così ingloriosamente all'hotel davanti a un piatto di salsicce e fagioli e me ne torno dunque a Reykjavík con la coda fra le gambe per indossare la cerata (nota di servizio: Luisa, la prossima navigazione facciamola a Lourdes, per favore!).
PRUA A NORD
A Reykjavik adesso c'è il sole e la gente per strada passeggia in canottiera. Mi dirigo perciò verso il porto vecchio dove mi aspetta la nostra barca, un Bavaria 50 con doppio riscaldamento e tendalino integrale che copre tutto il pozzetto. L'equipaggio si raduna nel pomeriggio di sabato: facciamo cambusa e ci scambiamo i bollettini meteo come fossero le figurine.
La domenica mattina una coltre di nubi intristisce il porto, ma è ora di andare. Piergiorgio molla l’ultimo spring a poppa e scostiamo la nostra prua dalla banchina.
Rotta per 300°, avanziamo a motore sugli 8 nodi con l'onda oceanica al traverso. Piove e molti sono colpiti dal mal di mare, ma non Renato che resiste indomito in coperta.
Non ci sono ridossi praticabili e bisogna tenere duro fino a scapolare la penisola di Snaefells e solo quando scorgiamo il faro di Svortuloft il mare lungo si placa e arriva un raggio di sole: signori, siamo nel Breidafjordur!
OLAFSVIK
Riconosciamo gli allineamenti e di seguito individuiamo Olafsvik dove, evitando i bassifondi che cingono l’approdo, atterriamo nel cuore della notte (si fa per dire visto che qua c'è sempre luce). Dopo oltre novanta miglia possiamo mangiare e riposare.
Al mattino colazione con lo Skyr, il latte fermentato islandese che non è yogurt, non è un formaggio, ma è skyr, appunto.
Giorgia, Maria Cristina e Annamaria si arrampicano fra gli enormi copertoni e i ragazzi noleggiano un'auto per visitare la zona. Il sole copre di luce ogni cosa.
Nel tardo pomeriggio, nelle piscine termali della graziosa cittadina, possiamo finalmente godere della rinomata geotermia islandese, di seguito cena all’unico ristorante del luogo, dove ben presto diventiamo l’attrazione del locale (sembra che di italiani qua non ne arrivino tanti).
ELLIADEY
Al martedì, riposati, salpiamo verso nord e poi accostiamo con la prua sull'isola di Elliadey che dista circa 30 miglia, a voler schivare la miriade di isolette e scogli che ricopre il Braeidafjordur. Nel frattempo Gian Luca, mio quasi omonimo, pesca alla traina con i sofisticati mezzi di bordo, ma i pesci ci temono e scappano: codardi!
C'è vento da nordest sui 15 nodi e boliniamo sotto un sole quasi mediterraneo fino a Elliadey, un cratere vulcanico che ha formato un incredibile isola a ferro di cavallo, un ridosso perfetto per la notte.
Gli unici abitanti dell'isola sono qualche pecora e migliaia di uccelli marini, soprattutto i Puffin, le pulcinelle di mare, che ci inteneriscono con il loro volo goffo a pelo d'acqua e che ci faranno compagnia per tutta la navigazione. Qui agguantiamo una boa e ci godiamo felici questo luogo magico.
Al mattino il sole sorprendentemente resiste e con il tepore guadagniamo la riva ed esploriamo l'isola. Consumiamo i giga a forza di condividere le foto meravigliose del paradiso che abbiamo conquistato.
L’ISOLA DI BEN
Non paghi, mettiamo nel mirino anche l'isola di Flattey, l'unica isola abitata fra le migliaia che compongono il Breidafjordur. Sono solo 10 miglia, se non ci fosse da schivare qualche scoglio affiorante.
Comunque riusciamo a scendere a Flattey, mettendoci all'inglese sul molo del traghetto.
L'isola è graziosa con le casette di legno colorate e i merluzzi ad essiccare; c'è anche un piccolo albergo-bar-ristorante, perciò Nicola, da buon campano, propone un caffè e una fetta di torta.
Nooo! Incredibile! Nel minuscolo ristorante incontriamo niente meno che Ben Stiller, regista e attore del film “The Secret Life of Walter Mitty”, il film che mi ha acceso la scintilla per venire qui. Con lui c'è pure l'attore islandese coprotagonista del film, Ólafur Darri Ólafsson.
Mandiamo Andrea in avanscoperta, che con abile diplomazia, attacca bottone con Ben, il quale ci scambia per una troupe televisiva italiana ("italian crew", ahahah!) e simpaticamente si intrattiene con noi. Riusciamo così a strappargli un selfie come delle groupies qualsiasi.
Sono le sedici e tra poco arriva il traghetto e dobbiamo sloggiare. Ciao Ben!
GRUNDARFJORDUR
Rotta a sud, ma il vento è debole e quindi per un po' andiamo a vela, poi motore per giungere in serata al porto peschereccio di Grundarfjordur, all’ombra della montagna più fotografata d’Islanda. Ancora all'inglese sugli enormi moli ricoperti di vecchi pneumatici, ceniamo e finiamo la giornata in cuccetta. Piove!
Al mattino cerchiamo invano di fare gasolio, ma questi non sono luoghi per il diporto. Ripariamo quindi su Olafsvik, accostiamo al distributore e mandiamo in avanscoperta la delegazione ufficiale, Andrea e Piergiorgio, ma il benzinaio non c'è e abbiamo qualche difficoltà con le procedure islandesi.
ADALWARD E IL MERLUZZO
Per fortuna che c'è lui, Adalward, un ragazzotto alto e biondo che con un pile leggero se ne sta allegramente sotto la pioggia e il vento artico. È appena rientrato da una battuta di pesca e non solo ci aiuta a fare il pieno, ma ci regala un halibut sfilettato e un intero merluzzo da 15 kg. Selfie pure con lui e sulla banchina Giorgia e Piergiorgio sfilettano l’enorme merluzzo.
È ora di tornare nel Faxafloi purtroppo e questo ci intristisce un po’.
AKRANES
Ripercorriamo la rotta di andata e stavolta c'è il sole, mentre in lontananza scorgiamo una famiglia di globicefali.
L'onda atlantica sembra meno molesta, però abbiamo un po' di corrente contraria. Renato anche stavolta presidia il pozzetto e ci alterniamo al timone per ore finché non raggiungiamo Akranes, appena a nord di Reykjavik, dopo la mezzanotte. L'atterraggio è molto impegnativo, perché facciamo fatica a riconoscere gli allineamenti che permettono di restare franchi dai bassifondi.
HVALFJORDUR
È venerdì e stasera dovremmo essere a Reykjavík, però ci resta un'ultima tappa, il fiordo di Hvalfjordur.
C'è vento, circa venti venticinque nodi, e siccome abbiamo poche miglia da fare, preferisco procedere di bolina larga con solo fiocco, così possiamo restarcene all'asciutto sotto la dog house integrale.
Qui bisogna usare gli allineamenti che consentono di entrare in sicurezza nel fiordo. Continuiamo al traverso a circa sette nodi, con raffiche che scendono dai fianchi delle scogliere anche a trentacinque nodi. Ci addentriamo in una piccola insenatura, dove speravo di trovare un moletto come riportava la guida Imray, invece sono solo pietre sconnesse e quindi diamo fondo con il grippiale, sia mai che l'ancora voglia fare i capricci (chi si tuffa in queste acque gelide?).
Piove e pranziamo con riso e pollo al curry, che Piergiorgio ha spadellato incurante dello sbandamento. Il contrasto fra il tempo da lupi là fuori e il calore sottocoperta è sorprendente. Non c'è nulla che solleva il morale di un equipaggio infreddolito come un bel piatto caldo.
Sistemiamo la frizione del salpancora che ci ha dato qualche problema, salpiamo e usciamo a vela dal fiordo.
BURRASCA NEL FAXAFLOI
Appena usciti, ci investe il sudovest a trenta nodi e passa e Andrea si gode l’ultimo turno al timone quasi con le lacrime agli occhi, solo le amorevoli parole di Giorgia lo convincono a lasciare la ruota.
Riduciamo il fiocco e tocchiamo punte di otto nodi e mezzo, con Annamaria che porta il nostro vascello come fosse una deriva. Piove forte e finalmente scorgiamo i segnalamenti del porto di Reykjavík. Possiamo rollare le vele e a motore ritorniamo alla base, prima però c'è il consueto appuntamento con il benzinaio, perciò accostiamo in un angusto pontile col vento che ci spinge dentro. Nicola e Gianluca predispongono lo spring a poppa per uscire dal cul-de-sac dove ci siamo ritrovati.
Alle 21.30 siamo alla base e diamo volta alle nostre cime. L’Islanda ci ha voluto salutare con un'altra bellissima giornata di mare e di vento, mentre sottocoperta sta bollendo la zuppa di merluzzo e patate che Giorgia ha preparato.
Ceniamo felici nonostante la fatica e brindiamo euforici ad una navigazione incredibile. Gian Luca, Piergiorgio e Nicola stappano bottiglie come fossimo a Capodanno e Maria Cristina, commossa, comincia a elencare le prossime mete: Alaska, Groenlandia, le Faroer, le Svalbard, le Cheradi… (e chi la ferma più?)
È stata una esperienza unica che nessuno dimenticherà mai!
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